VIEWPOINT COLOR MAGAZINE: raccontare e raccontarsi attraverso il colore
Viewpoint Color Magazine è una rivista bi-annauale dedicata al colore, un elemento che influenza la vita di ognuno di noi, sia a livello professionale che intimo e relazionale. Curata da esperti di arte, moda e design, con contributi di specialisti del colore da tutto il mondo e patrocinata da Pantone Color Institute, l'obiettivo della rivista è di analizzare il colore non solo come uno strumento, ma anche come un linguaggio e un modo di esprimersi.
Durante la Design Week abbiamo chiacchierato con Livia Shah-Cruger, editor di Viewpoint Color Magazine, e insieme abbiamo analizzato il ruolo del colore, trascendendo il suo ruolo accessorio per riflettere sulla sue potenzialità emotive e creative.
V. Partiamo dagli albori, ti va di raccontarci quando e com’è nata l’idea di creare una rivista sul colore?
L. L'idea è nata molto tempo fa. Alla fine degli anni '80, la rivista nacque con il nome di View on Color grazie a una piccola casa editrice indipendente, View-Publiations. Fu infatti la direttrice, Lidewij Edelkoort, a percepire e voler colmare la mancanza di una rivista per gli addetti al settore che parlasse solo di colore (al tempo esistevano già riviste che trattassero solo di design o di tessuti). Il progetto proseguì per dieci anni, fino all'inizio degli anni 2000, per poi essere rilanciato quindici anni dopo dallo stesso editore di View Publications, David Shah, sotto il nome di Viewpoint Color.
V. E oltre al nome, che cosa è cambiato?
L. Tre anni fa abbiamo pensato di rendere i contenuti più accessibili, e quindi di realizzare un magazine che fosse sia uno strumento per gli addetti al settore, sia per chiunque fosse incuriosito. Il punto era infatti far emergere il potere del colore nella quotidianità di tutti.
V. Quindi come scegliete le storie e i contenuti?
L. Abbiamo cambiato l'approccio: continuiamo a raccontare storie sul colore, ma in modo molto più ampio, non solo dal punto di vista del design. Ora includiamo storie personali che riguardano sia gli aspetti tecnici dei colori, sia gli aspetti psicologici ed emotivi. Ciò che è interessante è che queste storie sono utili anche per le persone delle industrie.

MINDSCAPESIt unveils a spectrum, with each state like a chapter in the profound story unfolding within the mind.
V. Quindi il punto è creare un dialogo con le persone, cercando di comprenderne le esigenze.
L. Esattamente, vogliamo davvero che la rivista sia uno strumento per tutti. Cerchiamo di ragionare sulle origini e le prospettive di ciò che accade. Non vogliamo solo informare le persone ma anche ispirarle, per questo usiamo racconti di diversa provenienza.
V. Guardando questo issue, Brain Power, e i precedenti, perché il lato psicologico dei colori è così importante?
L. Il colore ha sempre degli effetti su di noi, sia a livello macroscopico che microscopico. La parte della psicologia del colore determina come affrontiamo la vita e i suoi eventi; anche per le industrie, i consumatori acquistano un prodotto in base al suo colore e all’ambiente in cui si trova.

V. Quando leggiamo la rivista, è come se guardassimo a un quadro con una storia all’interno. Che cosa possiamo aspettarci da Brainpower?
L. BrainPower è il tema primavera/estate 2026 e nasce dall'idea che come esseri umani abbiamo la capacità di creare e reinventarci. Attraverso il colore e le nostre capacità intellettive, possiamo guardare al futuro e ripensare a nuove forme di design e di tecnologia, ma anche attingere ai nostri ricordi. In questo issue abbiamo unito tutte queste realtà per mostrare come possano coesistere e come possano aprirci a soluzioni inaspettate. La rivista è quindi uno strumento per connetterci a livello emotivo e non solo superficiale, è una riflessione a trecentosessanta gradi per il nostro benessere, tra calma, resilienza e gioia. Il racconto inizia quindi dalla memoria e si conclude con il capitolo intitolato Creating.
V. Quindi quando realizzate un'issue mantente un orizzonte di ricerca interdisciplinare?
L: Abbiamo iniziato con molte sessioni di brainstorming con un team di persone che creano il colore per la rivista, e cerchiamo davvero di andare molto in profondità, trascendendo tutte le categorie di design e parlando con tutti.
V. La rivista e il colore sono quindi degli strumenti per la nostra creatività che passano sia attraverso l'arte sia attraverso la tecnologia, e a volte persino entrambe.
L. Sì, ad esempio, la designer tessile brasiliana, Hanna Inaiáh, crea tessuti, utilizzando anche l'IA. In questi casi è molto bello vedere che qualcosa di fatto a mano può essere creato anche con l'IA.

WONDERWORLD by HANNA INAIÁHis an imaginative, dream-like realm where everything seems possible.
V. Attraverso i contributi emerge anche come il colore possa descrivere una città, pensiamo ad esempio al Grigio per Milano, ma anche la nostra persona, le nostre trasformazioni. Quanto margine di espressione c’è nell’utilizzo dei colori?
L. Non vogliamo che ci siano regole. Ognuno vede il colore in base a quello che significa per lui/lei. Ecco perché mostriamo il colore come un concetto molto personale. Ad esempio, i colori delle città sono prospettive personali, non universali.
V. All'inizio c’è un focus sul colore dell'anno, il Mocha Mousse. Qual è la sua relazione con la rivista e come viene scelto?
L. Il colore dell’anno è sempre scelto dal Pantone Color Institute che tra il resto patrocina anche il magazine. Tuttavia, il nostro team redazionale non è coinvolto nella scelta del colore. Considera che la rivista è biannuale: le pubblicazioni sono una volta a giugno e una a dicembre, e cadono sempre nel giorno in cui viene presentato il colore dell'anno. Dal nostro lato siamo informati circa il colore dell’anno solo un po' prima rispetto al resto del mondo. Quello che è interessante però è che spesso quando ci viene detto il colore dell’anno lo ritroviamo già nelle pagine su cui stiamo lavorando e questo perché il lavoro del team di Pantone è anche un lavoro di predizione.
V. Quello che percepiamo online è diverso da quello che percepiamo su un supporto cartaceo. Mi chiedevo perché per voi è importante avere una rivista stampata?
L. Il colore stampato è sempre molto diverso da quello che vedi online, per questo da un punto di vista professionale è necessario vedere il colore su carta. Mentre da un punto di vista umanistico, crediamo che toccare la rivista sia un'esperienza più completa nella percezione del colore e dei vari contenuti.
V. Ed è anche un’esperienza che rimane più impressa.
L. Sì, noi vogliamo creare qualcosa che possa diventare un archivio. Il suo prezzo è determinato dalle informazioni che contiene, ma anche da come vogliamo che le persone lo percepiscano, un oggetto da valorizzare e conservare.
V. E attraverso ogni issue possiamo vedere come siamo cambiati.
L. Esatto, pensiamo davvero che ogni numero sia come una capsula del tempo: ti permette di vedere le idee degli artisti, e come le cose cambiano forma per poi tornare. Per esempio, puoi andare indietro nel tempo e attraversare le strade di Milano, o anche quelle di Amsterdam, e notare come sia cambiato il colore delle macchine, prima nero e poi blu metallico, poi rosso metallico, e poi ancora blu cobalto e rosso brillante.
V. Mi chiedevo se tutti questi archivi, come quelli delle edizioni precedenti, fossero online o se ci fosse un archivio digitale.
L. Non abbiamo mai archiviato quelli pre-digitali, quindi quelli degli anni '80 e '90 li abbiamo solo in archivio cartaceo.
V. Da un numero all'altro, cercate di cambiare, o volete mantenere lo stesso approccio?
L. Vogliamo sperimentare in ogni numero, perché vogliamo sfidare noi stessi. Tenere lo stesso approccio significherebbe creare un prodotto esclusivamente per il nostro gruppo di persone.
V. Nella comunicazione del colore, quanto sono importanti le immagini?
L: Per entrare molto nel concetto del colore cerchiamo di essere molto precisi e dettagliati nella selezione del materiale visivo, in questo modo tutti possono leggere la rivista. Anche uno studente alle prime armi o un visitatore qualsiasi di un museo.


V. In ultimo, com'è nata la copertina della rivista?
L: La copertina è la traduzione del tema. In questo caso, il titolo era Brainpower e per esprimerlo abbiamo scelto il lavoro dell’'artista Damon X. All'inizio eravamo indecisi, perché non avevamo mai fatto una copertura digitale. Ma la sua proposta ha funzionato subito, ci ha fatto sentire come se fossimo nel cervello di qualcuno e allo stesso tempo ha espresso la volontà del magazine di includere sia strumenti digitali sia analogici; quindi, di partecipare e comunicare con il mondo in cui viviamo.